Recensioni

Angelo Rossi, Gramsci da eretico a icona. Storia di un «cazzotto nell’occhio», Prefazione di Biagio de Giovanni, Napoli, Guida, 2010, pp. 138, 11 €

Perché Gramsci ha scritto i «Quaderni»?
 
Di Guido Liguori
 
Il nuovo libro di Angelo Rossi (Gramsci da eretico a icona. Storia di un «cazzotto nell’occhio», prefazione di Biagio de Giovanni, Napoli, Guida, 2010, pp. 138) presenta diversi motivi di continuità con Gramsci tra Mussolini e Stalin, scritto dall’autore pochi anni orsono insieme a Giuseppe Vacca. In questo nuovo lavoro appaiono centrali almeno due elementi già presenti nel precedente: il metodo d’analisi scelto per la decifrazione del Gramsci carcerario e la rilevanza assegnata alla proposta dell’Assemblea Costituente (il «cazzotto nell’occhio»). Mentre appare ridimensionata in buona parte la tendenza a estrapolazioni eccessive rispetto a quanto i documenti conosciuti

Due libri di Fabio Frosini

Da Gramsci a Marx. Ideologia, verità e politica, Roma, Deriveapprodi, 2009, pp. 126, 15 €.
La religione dell'uomo moderno. Politica e verità nei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, Roma, Carocci, 2010, pp. 334, 32,60 €.

Di Vittorio Morfino

Nei due ultimi libri di Fabio Frosini la presenza di Gramsci è centrale, ma in modi diversi: il primo, Da Gramsci a Marx. Ideologia, verità e politica (Roma, Deriveapprodi, 2009, pp. 126), a partire da Gramsci muove verso il pensiero di Marx; invece il secondo (La religione dell'uomo moderno. Politica e verità nei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, Roma, Carrocci, 2010, pp. 334) lavora, con ammirabile maestria filologica, sulla stratificazione temporale dei Quaderni gramsciani allo scopo di mostrare ciò che ancora oggi di essi risulta essere inaudito e allo stesso tempo essenziale per il nostro presente. Nel primo testo, Da Gramsci a Marx, Frosini, come detto, ritorna sull'opera di

Pasquale Voza, Gramsci e la «continua crisi», Roma, Carocci, 2008, pp. 115, 10,80 €

Siamo tutti omologati ma il Pd butta via Gramsci e la rivoluzione passiva
Il nuovo libro di Pasquale Voza rilancia l'attualità del pensatore sardo

Di Tonino Bucci

Non è passato inosservato l'insolito scambio di ruoli che alla festa del Pd di Firenze hanno messo in scena due ministri della cultura. Uno vero, Sandro Bondi, l'altro di un governo ombra, Vincenzo Cerami. Uno del Pdl, l'altro del Pd. Il primo a sostenere che Gramsci è il più grande pensatore italiano e che tutti dovrebberlo studiarlo nelle scuole. L'altro, invece, a dire che dal nostro passato non abbiamo più nessun insegnamento e che sarebbe meglio prendersi una pausa da Gramsci per dedicarsi piuttosto all'attualità.
Il fatto, giornalisticamente parlando, non è "fresco". La querelle Bondi-Cerami risale alla scorsa settimana. Ma la sostanza è tutt'altro che innocua dal punto di vista culturale. Perché mai la destra oggi rivendica Gramsci, sia pure in una lettura di parte (ma anche questo è molto gramsciano), mentre un partito di sinistra "moderna" come il Pd lo

Pasquale Voza, Gramsci e la «continua crisi», Roma, Carocci, 2008, pp. 115, 10,80 €

SAGGI
La «rivoluzione passiva» di Antonio Gramsci
La chiave di accesso che svela il presente


Di Alberto Burgio

Sarà un caso, ma è significativo che si moltiplichino le riflessioni e gli approfondimenti analitici sull'idea di «rivoluzione passiva». L'addensarsi di un interesse non puramente archeologico sembra dimostrare l'importanza di questo concetto gramsciano ai fini di una ricostruzione pertinente - e politicamente feconda - del trentennio che abbiamo alle

L'uomo di Turi, dramma di Piero Zucaro

Recensione al dramma teatrale "L’uomo di Turi" di Piero Zucaro

Di Sandra Dugo

«A chi ci tiene chiusi, qui in cattività, diciamo: sani siamo! Vogliam la libertà!». Ascoltare la forza dirompente di queste parole, espressione dell’energia della vita contro la morte, della libertà contro la reclusione, delle persone vive contro i fantasmi della repressione. Si tratta delle parole pronunciate dal coro nel terzo atto della Opera del Dissenso di Unico… e basta, estratto dal dramma teatrale di Piero Zucaro L’Uomo di Turi.
Leggendo il testo teatrale, sin dal Prologo sembra di assistere a un valzer tragicomico che diventa una tarantella ironica ed esorcizzatrice nelle pagine successive. Mi sembra significativo pensare a una catarsi finale, vissuta in funzione di una purificazione dal male, dal dolore e dalla sofferenza di un destino spietato che ha travolto