UN UOMO A TURI: ANTONIO GRAMSCI
4 maggio 2009
UN UOMO A TURI: ANTONIO GRAMSCI
Il dramma teatrale di Piero Zucaro
Di Sandra Dugo
Lunedì 4 maggio 2009 si è discusso sul dramma teatrale di Piero Zucaro, presso la Biblioteca “Enzo Tortora” di Roma. Tra gli intervenuti Giorgio Baratta, Presidente della International Gramsci Society-Italia, la scrittrice giornalista Adele Cambria, e l’attrice Monica Demuru, coordinati da Maria Luisa Righi della Fondazione Istituto Gramsci, insieme all’autore del testo teatrale, Piero Zucaro. Gli intervenuti hanno commentato il volume sotto diversi profili: culturale, specificatamente drammaturgico, sociologico e politico.
Il dramma teatrale L’Uomo di Turi nasce dalla lettura delle Lettere dal carcere di Antonio Gramsci; la lettura, produttrice di suggestioni, ha ispirato l’autore per sviluppare il testo teatrale in un Prologo, tre atti e un epilogo, benché si tratti di parti strutturate in modo tale da sembrare un unico testo uniforme e coerente, pur nelle sue articolazioni narrative e drammaturgiche.
Maria Luisa Righi, che ha coordinato la discussione, ha svolto un excursus essenziale ma ben articolato sul vasto universo artistico gramsciano, che va dal romanzo alla
poesia, dal teatro recitato alle rappresentazioni musicali, delle quali alcune trovano Antonio Gramsci fonte di ispirazione persino per un gruppo rock neozelandese e una band punk inglese, segno che il filosofo sardo alimenta anche l’interesse per la sperimentazione musicale contemporanea. Un’attenzione particolare va alla cinematografia, alla pittura e alla scrittura dialogica alla produzione poetica su questo intellettuale dall’effetto prorompente nel panorama culturale italiano e internazionale per aver suscitato tanto entusiasmo e vitalità. Tra le opere cinematografiche su Gramsci, Maria Luisa Righi ricorda all’attenzione del pubblico intervenuto i film di Gianni Amico: Gramsci, l’ho visto così, di Giorgio Baratta New York e il mistero di Napoli (con la partecipazione di Dario Fo), La forma della memoria di Paolo Isaja e Maria Pia Melandri, e uno sceneggiato TV La vita di Gramsci di Raffaele Maiello (scritto con Giuseppe Fiori nel 1980 e prodotto l’anno successivo). Il pensiero riconoscente va anche alle testimonianze preziose di alcuni contemporanei di Gramsci tra cui Ercole Piacentini e Gustavo Trombetti. Secondo la Righi il teatro rappresenta una forma espressiva particolarmente efficace per l’impatto immediato con il pubblico. Perciò in questo contesto si inserisce il dramma teatrale L’Uomo di Turi di Piero Zucaro, al momento attuale e unico nel suo genere.
Adele Cambria, già autrice di diversi romanzi e testi teatrali, tra i quali uno in particolare dedicato al filosofo italiano, intitolato Nonostante Gramsci contenuto nella nota monografia Amore e rivoluzione, nella quale per la prima volta si dà conto delle tre sorelle Schucht, che tanta parte hanno nella bella recensione al volume di Antonio Gramsci jr La Russia di mio nonno, recensito recentemente ne L’Unità dalla stessa Adele Cambria. La scrittrice ha proposto un interessante critica psicologica della presenza femminile nel testo di Zucaro. Per lei, femminista soprattutto sul profilo intellettuale, è stato naturale suggerirci un confronto tra le sorelle Schucht e le donne della famiglia Gramsci. Tuttavia ha disapprovato l’idea di affidare l’interpretazione del personaggio di Gramsci a un’attrice donna, nonostante Gramsci abbia posto attenzione al lato sensibile del carattere normalmente femminile. Quindi a tale proposito non manca di accennare alle analisi psicologiche dei romanzi dello scrittore russo Čechov e alle teorie dello psichiatra svizzero C. Gustav Jung.
Giorgio Baratta ha messo in rilievo come il lavoro di Zucaro colga e sviluppi con grande efficacia il lato formalmente poliedrico, pluriculturale, dialogico del mondo di Gramsci, sviluppandolo in forme teatrali caleidoscopiche, adeguate alla qualità di una scrittura ricca di suoni e immagini. Baratta ha sottolineato per altro verso il lato solitario, intimo, quasi metafisico della concezione gramsciana (la “sacra sobrietà”, come l’ha definita Sanguineti), ripreso recentemente in un importante saggio di Salvatore Mannuzzu (Le ceneri di Gramsci). L’Uomo di Turi è in questo senso una estremizzazione di uno dei due lati della personalità di Gramsci, preziosissima per affrontare l’identità-differenza di essa.
Monica Demuru ha letto alcuni passi del testo, in particolare un estratto dall’Atto II, Scena VI (lettera di Gramsci a Tania che rievoca il ricordo della mamma e delle memorie d’infanzia), ricreando l’atmosfera teatrale di una rappresentazione recitata. Il teatro è il luogo magico in cui è possibile esprimere ciò che normalmente non si può raccontare. Il sipario, ad esempio, separa la realtà degli spettatori dalla dimensione surreale del palcoscenico; ma, nel nostro caso, per Monica Demuru è stata sufficiente la sala della Biblioteca, per ridare vita al testo recitandolo con l’anima della drammatizzazione. Qualsiasi critico teatrale sa bene quanto il teatro vero sia indipendente da arricchimenti superflui, e quanto importante sia invece saper rappresentare i sentimenti del cuore; perciò non serve ricorrere ad artifici esterni particolari, è sufficiente far rivivere il personaggio, dandogli l’anima e rappresentando con l’adeguata sensibilità l’affetto di mamma Peppina per il figlio Nino, considerato bambino per l’eternità. È quanto emerge dalla lettura recitata del testo di Zucaro. La lettura era iniziata insieme all’autore con un altro brano dell’Atto I, Scena II, attraverso il quale abbiamo ascoltato il colloquio tra Gramsci e “Unico” e la scena dell’osservazione dello “scurzone”.
Infine l’autore stesso, Piero Zucaro, ha spiegato quanto importante sia per lui evidenziare il profilo psicologico del Gramsci fragile. La scelta di affidare a una donna il ruolo di un personaggio fisicamente minuto, ma culturalmente gigantesco, nasce dal desiderio di ricreare all’interno del dramma un teatro dei sentimenti umani, e scaturisce dalla volontà di mostrare la capacità principalmente, e forse unicamente, femminile di saper entrare nella sfera degli affetti. Ma lo spirito esuberante del dialetto partenopeo di Piero Zucaro risveglia il nostro interesse, in contrappunto con la drammaticità, non priva di spirito ironico, del personaggio Gramsci, mentre suscita il sorriso lo “stratagemma” dell’autore di destare la simpatia del pubblico. Parentesi liete in alcune pause, tra una pagina e l’altra, del mondo complesso del piccolo grande uomo di Turi.