Cronache degli eventi gramsciani

GRAMSCI TRA FILOLOGIA E STORIOGRAFIA

Pavia, 23 marzo 2010

GRAMSCI TRA FILOLOGIA E STORIOGRAFIA

Di Lucia Mancini

Lo scorso 23 marzo a Pavia si è tenuta una giornata di studi gramsciani, dal titolo Gramsci tra filologia e storiografia, organizzata dal Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pavia in collaborazione con l’Istituto Gramsci di Roma e il Collegio Ghislieri.

Nella sua relazione, Realtà, scrittura, metodo: considerazioni preliminari ad una nuova lettura dei «Quaderni del carcere», Fabio Frosini, prendendo le mosse dal celebre articolo di Piero Gobetti del 1924 dove Gramsci veniva paragonato a un moderno e tragico «profeta», ha ribadito la necessità di un approccio critico alle pagine gramsciane sia per la natura manoscritta dei Quaderni sia per il coacervo di significati sociali e politici che ha assunto, nel tempo, la figura di Gramsci. È stata proprio la nozione di tempo a essere la protagonista della relazione di Frosini che, pur sottolineando le difficoltà legate al carattere frammentario e non definitivo dell’opera, ha insistito sulla distorsione temporale che fa da sfondo alle pagine gramsciane. La riflessione di Gramsci si muove infatti in una condizione di für ewig imposta che, secondo l’interpretazione offerta da Pascoli, comporta la perdita del presente la cui privazione viene esperita da Gramsci attraverso la mancanza di «sensazioni molecolari», nel vivere e nel riflettere ai margini dell’essere sociale. La prigionia costringe Gramsci a uno schiacciamento tra il passato, ripensato attraverso le sue esperienze di «combattente che non ha avuto fortuna nella lotta politica immediata», e un futuro per il quale si rende necessaria una riformulazione complessiva e della teoria e della tattica politica marxista. 

L’intervento di Dora Kanoussi, invece, ha illustrato come la riflessione sul marxismo dei “quaderni filosofici” 10, 11, 13 ‒ avendo come sfondo Machiavelli, «scrittore di opere storiche concrete» ‒ porti progressivamente il focus dell’attenzione sul concetto di egemonia. Nel ripercorrere, attraverso le critiche mosse a Croce e al Saggio di Bucharin, le tappe che nei Quaderni hanno portato alla teorizzazione della «filosofia della prassi», la relazione della Kanoussi si è incentrata sull’esigenza che Gramsci sente di risanare la scissione tra intellettuali e popolo riuscendo così a conseguire la possibilità di una reciproca traducibilità dei momenti del «sapere-comprendere-sentire» indispensabile per superare la polarizzazione politico-sociale in dirigenti-diretti.
Giuseppe Cospito ha invece incentrato la sua relazione sul percorso che ha spinto Gramsci alla stesura dei «quaderni speciali». Dopo una prima parte dedicata alla descrizione delle norme sottese alla compilazione dei quaderni monografici, Cospito ha concentrato la sua attenzione sul Quaderno 16, spesso sottovalutato rispetto agli altri speciali, come i filosofici (10 e 11) e il Quaderno 22 (dedicato al fenomeno dell’americanismo-fordismo). Il Quaderno 16 (iniziato nella seconda metà del 1932 e terminato, dopo un’interruzione di un anno, a Formia nell’agosto del 1934), è di particolare interesse perché, oltre a contenere preziose indicazioni metodologiche (originariamente formulate per lo studio dei testi marxiani e oggi considerate come le linee guida per l’interpretazione delle pagine gramsciane), rappresenta il tentativo che Gramsci compie di offrire una raccolta di piccole monografie che avrebbero dovuto costituire un “repertorio” marxista su questioni di carattere enciclopedico sul modello di quanto Bernheim aveva fatto per lo storicismo. In quest’ottica il Quaderno 16 si presenta come una sorta di pars costruens del pensiero gramsciano da opporre alla pars destruens legata invece alla critica delle posizioni di Croce e Bucharin.
L’interesse gramsciano per il linguaggio, ampiamente testimoniato già da alcuni scritti giornalistici, è stato illustrato dalla relazione di Giancarlo Schirru che ha mostrato come il ripensamento del materialismo storico in Gramsci abbia per fondamento (e condizione preliminare) proprio la ri-definizione dei termini della tradizione marxista. La centralità che la riflessione carceraria offre a questo tema deriva dalla convinzione gramsciana che il linguaggio sia l’espressione storicamente più rappresentativa di una società. Schirru ha inoltre sottolineato come questo aspetto sia comune anche a Labriola che, nelle sue lettere a Sorel, associava il linguaggio alla psicologia dei popoli. Ricostruendo il processo di negazione, di origine feurbachiana, che Marx ed Engels avevano fatto della teoria hegeliana del linguaggio, Schirru ha sottolineato come Labriola prima e Gramsci poi abbiano posto le premesse teoriche per la riflessione marxista in ambito linguistico.
Francesco Giasi, oltre a presentare il primo volume dell’Epistolario (gennaio 1906-dicembre1922) nell’ambito dell’Edizione Nazionale degli scritti di Antonio Gramsci, ha illustrato il piano di lavoro dell'intera sezione (articolata in otto volumi, comprendenti le lettere scritte e ricevute da Gramsci tra il 1906 e il 1937, più un nono comprensivo dei “carteggi paralleli”, ossia le lettere tra Sraffa e Tatiana, tra Tatiana e la famiglia Schucht e Tatiana e la famiglia Gramsci durante la carcerazione) e della sezione dedicata agli scritti precarcerari (che prevede un totale di nove volumi comprensivi degli scritti giornalistici redatti tra il 1910 e il 1926). Nel presentare i problemi relativi all’edizione degli scritti precarcerari, Giasi ha inoltre sottolineato le numerose difficoltà relative all’attribuzione di diversi articoli non firmati.
Sempre legata ai carteggi paralleli è stata la relazione di Giuseppe Vacca che ha mostrato il “lato nascosto” della condanna e della detenzione di Gramsci. Attraverso un’analisi “obliqua” delle lettere di Gramsci, di Tatiana e di alcuni rapporti riservati, Vacca ha ricostruito in modo preciso e appassionato una delle pagine più complesse della storia italiana sottolineando in vari punti l’ambiguità del partito comunista italiano e russo nei confronti della detenzione di Gramsci, illustrando inoltre come i due partiti, benché avessero immediatamente assunto e presentato Gramsci come martire del regime fascista, non abbiano ufficialmente inoltrato nessuna richiesta di scarcerazione.
La giornata di studi è stata conclusa dalla relazione di Gianni Francioni che ha illustrato il lavoro, condotto in collaborazione con Giuseppe Cospito, che ha portato nel 2007 all’edizione dei Quaderni di traduzioni 1929-1932, primo volume della nuova edizione critica dei Quaderni del carcere, frutto di uno studio iniziato nel 1984 con la proposta di una ridatazione dei quaderni e sezioni dei quaderni gramsciani. Con paziente scrupolo filologico Francioni ha esposto le “norme redazionali” adottate da Gramsci negli anni carcerari ricostruendo così la struttura dell’opera gramsciana e mostrando l’ordine interno che soggiace alla sua apparente caoticità.
Al di là delle differenze d’accento tra le singole relazioni, il convegno ha avuto come cifra comune l’attenzione per l’aspetto filologico dello studio delle pagine gramsciane. Ascoltando i diversi relatori è emerso con chiarezza come il fondamento del loro lavoro fosse il desiderio di operare seguendo il processo di sviluppo intellettuale della riflessione carceraria (tanto importante per un «pensatore non sistematico» nel quale «l’attività teorica e l’attività pratica sono intrecciate indissolubilmente») facendo propria l’esigenza gramsciana di un metodo di «filologia vivente» capace di ricostruire, contestualizzare e restituire il senso delle osservazioni carcerarie senza «far dire ai testi, per amor di tesi, più di quanto i testi realmente dicono». Attraverso questo impegno filologico è possibile far emergere «il ritmo del pensiero in isviluppo» cogliendo, diacronicamente, i motivi dell’evoluzione della riflessione carceraria che, sotto un apparente disordine compositivo e tematico, tradiscono l’armonia di un’immensa e polifonica composizione musicale.