Recensioni

GRAMSCI VIS A VIS CON MARX

Giuseppe Petronio, Marina Paladini Musitelli (a cura di), Marx e Gramsci. Memoria e attualità, Roma, Manifestolibri, 2001 (recensito da Alberto Burgio)

GRAMSCI VIS A VIS CON MARX

Di Alberto Burgio

Negli anni del carcere l'autore dei Quaderni rilesse in una prospettiva rigorosamente antimetafisica le pagine marxiane, individuandovi una fonte teorica primaria per l'elaborazione di una scienza politica all'altezza dei tempi. All'attualità dei problemi sollevati da questa lettura venne dedicato un convegno a Trieste, i cui interventi escono ora raccolti in un volume della manifesto libri. Due anni e mezzo fa, nel marzo 1999, si tenne a Trieste un convegno su un tema - Marx e Gramsci - a prima vista quant'altri mai inattuale. Oggi vede la luce, presso manifestolibri (a cura di Giuseppe Petronio e Marina Paladini Musitelli), un volume che raccoglie le relazioni svolte in quel

convegno. E la lettura smentisce quella pregiudiziale impressione di inattualità, figlia della soddisfatta superficialità dei nostri tempi.
Il centro intorno a cui si dipanò la discussione è subito nominato da Petronio. Si cercò di analizzare la portata e i caratteri del "ritorno a Marx" dell'autore dei Quaderni: di determinare la prospettiva, radicalmente antimetafisica, della rilettura delle pagine marxiane (a cominciare dalle Tesi su Feuerbach e dalla Prefazione del '59) in cui, negli anni del carcere, Gramsci scorge una fonte teorica primaria per l'elaborazione di una scienza politica all'altezza dei tempi. La questione è affrontata di petto nei saggi di Fabio Frosini e Wolfgang Fritz Haug (curatore della edizione tedesca dei Quaderni), dove la serrata analisi dell'interpretazione gramsciana delle Tesi fonda una convincente lettura dell'idea di "filosofia della praxis". L'obiettivo polemico di Gramsci è l'interpretazione scientistica di Marx prossima ad affermarsi come ortodossia filosofica nell'Urss staliniana. I Quaderni inchiodano Bucharin, ma dietro a questo nome va individuato tutto uno schieramento che comprende, secondo Haug e Frosini, lo stesso Lenin della polemica antimachista. A Gramsci la battaglia del giovane Marx contro il "vecchio materialismo" fornisce un formidabile arsenale filosofico e, in positivo, i materiali per la costruzione di una ontologia pratica che afferma l'essenza dinamica della realtà materiale (la sua soggettività e storicità) e la radicale materialità del soggetto storico, al tempo stesso interprete e artefice "critico-pratico" del mondo. Si pone qui immediatamente una questione che, non per caso, percorre da sempre la discussione critica. La scelta delle Tesi discende dall'ispirazione idealistica della filosofia dei Quaderni? È forse il segno di un soggettivismo nel quale non sarebbe difficile cogliere eredità neoidealistiche ed echi del giovanile sorelismo? Lo stesso Haug parrebbe non escluderlo, alla luce della scarsa attenzione per l'analisi delle forze produttive che gli sembra di cogliere nei Quaderni (dove, sottolinea, "non si parla nemmeno una volta della catena di montaggio"). Certo ha pochi dubbi al riguardo Roberto Finelli, che parla apertis verbis di "un prezzo assai elevato" imposto dall'"influenza dell'idealismo, crociano e gentiliano insieme", e che ritiene Gramsci incapace di individuare i "fattori di socializzazione" attivi nella sfera economica, che sarebbe quindi ridotta a "un complesso di azioni solo individuali". Si potrebbe obiettare facilmente. Si potrebbe osservare, per esempio, che nel quaderno 22 (e nelle note sparse sul "movimento di fabbrica" che Gramsci non raccoglie) non si parla d'altro se non di forze produttive; e che il riconoscimento dell'attitudine socializzante della sfera economica (anzi: della fabbrica) informa di sé l'intera discussione sul fordismo (e la sua stessa nozione, come, del resto, l'idea di egemonia). Ma la ricchezza di questo libro sta proprio in ciò, che alle domande che formula provvede anche a rispondere. Gramsci idealista? Si guardi al corpo vivo della sua scienza politica.
Evocato da Donald Sassoon in un quadro di storia politica della fortuna (e dell'uso) dei Quaderni, il tema cruciale del rapporto tra Stato e società civile è focalizzato da Guido Liguori attraverso un confronto con la pagina marxiana che nulla concede alla vulgata. Liguori non si accontenta di documentare le radici rigorosamente marxiane di quella concezione dialettica del rapporto tra ambito politico-istituzionale, apparati ideologici e sfera economica che induce Gramsci a modificare la terminologia tradizionale (a cominciare proprio dalla nozione hegeliana di "società civile", espressione che nei Quaderni designa, il più delle volte, l'apparato egemonico). Mostra altresì le ricadute di tale prospettiva, in virtù della quale riesce a Gramsci di cogliere il radicamento strutturale dell'egemonia (oltre che, va da sé, dell'impiego degli apparati coercitivi) e, specularmente, il connotato politico di qualsiasi assetto economico, di ogni forma di "determinazione" dei mercati. Un'operazione che è quanto di meno idealistico si possa immaginare, come suggerisce l'altro saggio incentrato su concetti chiave della teoria politica gramsciana.
Torna, nelle pagine di Jacques Texier, l'analisi della "società civile" e della sua polivalenza (occasione per una glossa critica all'interpretazione togliattiana di una importante nota del quaderno 13), ma il discorso si amplia e include i temi del "blocco storico" e del "rapporto di forza". Ne emerge come la battaglia antieconomistica non conduca Gramsci al privilegiamento del terreno sovrastrutturale né, tanto meno, al suo sganciamento dalle dinamiche materiali della riproduzione. In un efficace controcanto alle critiche di soggettivismo, Texier osserva che non sarebbe inopportuno, oggi, mettere mano a "un corposo saggio dal titolo Gramsci teorico della struttura": c'è da augurarsi che – se non lui – qualcun altro se ne assuma il delicato compito.
Non si può chiudere senza almeno menzionare gli altri contributi che, non direttamente legati ai temi sin qui trattati, indagano da diverse angolature il rapporto Gramsci-Marx offrendo non di rado spunti significativi. Aldo Tortorella pone in evidenza l'ascendenza marxiana (oltre che l'ispirazione universalistica) della morale gramsciana, fondata sull'affermazione della funzione decisiva della volontà ai fini della costruzione del soggetto rivoluzionario. Andrea Catone affronta il problema del luogo di costituzione della soggettività operaia (fabbrica o partito), ponendo le pagine dei Quaderni a confronto, da una parte con l'analisi del "processo lavorativo" nel primo Libro del Capitale, dall'altra con gli articoli apparsi sull'"Ordine Nuovo" a cavallo del biennio rosso. Francisco Fernando Buey e Marina Paladini Musitelli studiano le ragioni dell'interesse di Gramsci per le questioni della lingua e della letteratura e ne colgono le fonti marxiane (a cominciare dalle pagine della Sacra famiglia) e il significato politico, connesso al grande tema dello "spirito di scissione".
Ma una segnalazione particolare merita il brillante saggio di Giorgio Gilibert. In poche limpide battute egli offre una ricostruzione originale del rapporto tra Gramsci e Sraffa che non soltanto revoca in dubbio la vulgata dell'ispirazione ricardiana della ricerca approdata a Produzione di merci a mezzo di merci (Gilibert argomenta che fonte delle equazioni dei prezzi sono, più verosimilmente, gli schemi di riproduzione del secondo Libro del Capitale, e ipotizza che alla base della decisione di studiarli in profondità sia un suggerimento di Gramsci, al corrente dei dibattiti sulla teoria dell'accumulazione socialista e dello sviluppo accelerato in ambito sovietico), ma fornisce, per questa via, elementi utili a considerare sotto nuova luce la posizione di Sraffa, e a coglierne appieno una mai del tutto avvertita politicità. Marx e Gramsci. Memoria e attualità, a cura di Giuseppe Petronio e Marina Paladini Musitelli, manifestolibri, Roma 2001, 235 pp., lire 36.000