Recensioni

GRAMSCI IN ASIA E IN AFRICA

Annamaria Baldussi, Patrizia Manduchi (a cura di), Gramsci in Asia e in Africa, Cagliari, Aipsa, 2010, pp. 360, 20 €.

Di Giorgio Serra

Il volume Gramsci in Asia e in Africa, a cura di Annamaria Baldussi e Patrizia Manduchi, (Cagliari, Aipsa, 2010, pp. 360), raccoglie gli atti di un convegno omonimo svoltosi a Cagliari nel febbraio del 2009. Organizzato dal Dipartimento Storico Politico Internazionale dell'Età Moderna e Contemporanea della Facoltà di Scienze politiche della Università di Cagliari insieme alla Associazione Terra Gramsci Igs Sardegna e alla Fondazione Istituto Gramsci di Roma, fu fortemente voluto del compianto Giorgio Baratta, che ne fu discreto suggeritore. Al convegno parteciparono ricercatori, soprattutto giovani, che scandagliarono molte delle direzioni in cui si dirama l'accoglienza del pensiero

gramsciano nei due continenti in questione.
Con la pubblicazione degli atti appare chiara l'attualità dei temi del convegno e la lungimiranza con la quale gli organizzatori seppero cogliere il momento e il movimento che il pensiero gramsciano ha provocato in queste società. Soprattutto esso ha messo in luce come il gramscismo abbia, in modo del tutto autonomo, concorso alla laicizzazione del mondo arabo, contribuendo alle tante rivoluzioni che si sono affacciate nella parte sud del Mediterraneo.
Il volume si apre con un ricordo di Baratta, scomparso a Roma il 20 gennaio del 2010, e con un suo lucido intervento nel quale pone, citando Gramsci, la ragione stessa del convegno: «"se la Cina e l'India diventassero nazioni moderne, con grandi masse di produzione industriale", e se "si sposterà l'asse della politica mondiale dall'Atlantico al Pacifico", che cosa accadrà?». La risposta di Baratta all'interrogazione gramsciana è semplice e parte dal paradosso che «mai come oggi l'Unione Europea è apparsa tanto fragile e politicamente inconsistente», ma, continua: «Il nostro convegno affronta Gramsci e la sua Europa fuori dall'Europa: tematizza la presenza dell'Asia e dell'Africa nel suo pensiero e insieme l'attualità di esso nei due continenti come dimostrano i Subaltern studies fondati da Guha in India e l'importanza del pensiero gramsciano sia in Africa che nella variegata cultura afroamericana». «Dalla Sardegna al mondo dal mondo alla Sardegna», la formula che Baratta scelse per battezzare la sua ultima creatura, "Terra Gramsci", ben si presta come filo conduttore per gli interventi che si susseguono nel volume, aperto da un suo ulteriore contributo, un prologo sotto forma di epistola in cui si legge: «Caro Nino per motivi di salute non potrò essere presente giovedì 12 febbraio all'inaugurazione del convegno per valorizzare la presenza del tuo pensiero in Asia e in Africa. [….] Ho pensato di chiedere, a Te che hai scritto, nel Quaderno 3 "Il vecchio muore e il nuovo non può nascere": che ne è di questa nascita differita [...] forse è für ewig? E ancora: che accade in questo interregno? Quel vecchio morto è più vivo che mai se continua sempre più a tormentarci e a produrre quei maledetti ghigni mediatici e i suoi egoismi tragicamente paperoneschi».
Segue l'introduzione delle due curatrici Patrizia Manduchi e Annamaria Baldussi, nella quale si evidenzia l'interesse sviluppatosi nel mondo africano e asiatico, in particolare negli ultimi trent'anni, per il personaggio e il pensiero di Antonio Gramsci, che scaturisce dal riconoscimento della grandezza delle sue intuizioni nell'ambito della filosofia politica e degli studi culturali. Un interesse notevolmente aumentato dopo la fine dell'Unione Sovietica e del socialismo reale nel biennio 1989-1991. Soprattutto i Quaderni dal carcere e il saggio Alcuni temi della quistione meridionale hanno offerto utili strumenti per l'analisi delle varie problematiche relative alla situazione postcoloniale.
Il libro come il convegno si divide in tre sezioni distinte. La prima, "Gramsci nel mondo grande e terribile", tratta della fortuna del pensiero gramsciano nel mondo e evidenzia ciò che la critica del pensiero dell'egemonia e della subalternità ha acquisito ormai da tempo: qualsiasi studio serio su Gramsci deve partire dalle radici sarde ed italiane, stando bene attenti a non scadere in quello che Gramsci chiamava quadruplice provincialismo. In questa sessione troviamo il già citato intervento di Baratta Un mondo grande, terribile ma comune; seguono Gramsci, dalla Sardegna al mondo. Dal mondo alla Sardegna di Giorgio Serra; Il mondo visto da Torino. Asia e Africa nel lavoro politico e culturale di Piero Gobetti e Antonio Gramsci di Gianluca Scroccu; Stato, società civile e subalterni in Antonio Gramsci di Gianni Fresu; La bibliografia gramsciana on line e gli studi in Asia e in Africa di Francesco Giasi e Maria Luisa Righi. Nella seconda sezione, "Il pensiero di Antonio Gramsci in Africa e nel Vicino Oriente", si evidenziano i vari approcci che la cultura islamica ha avuto nei confronti di Gramsci e come le sue riflessioni siano ancora feconde per capire la realtà postcoloniale che molti paesi della sponda sud del Mediterraneo vivono, relegati per lo più al rango di periferia dell'impero, spesso pervasi da ideologie appartenenti alle vecchie potenze coloniali che ne controllano ancora economia e finanza. Anche qui Gramsci aiuta a capire che non sempre nei paesi con un passato coloniale ci si è resi conto della persistente influenza, sia a livello teorico che nel dibattito politico, di termini concetti e strutture ereditati dal periodo coloniale e mai messe seriamente in discussione. Insomma Gramsci, per dirla con Mauro Pala nel suo intervento The Empire Writes Back: Gramsci, dall'esegesi letteraria alla critica postcoloniale, contribuisce a capire meglio il funzionamento delle attuali relazioni politiche e a riscontrare come spesso, al loro interno, persistano una serie di elementi riconducibili, se non direttamente alla potenza colonizzatrice, a un discorso pervasivo identificabile con un'entità egemone. Un'egemonia che si presenta come sfuggente, ibrida, complementare rispetto ai movimenti centrifughi che caratterizzano le forme della cultura contemporanea.
Gli altri interventi di questa seconda sezione sono Gramsci e il comitern sui mondi arabo, musulmano e palestinese-ebreo di Derek Boothman; Subalten Studies: an approach to hegemony and subalternity in the colonial and post-colonial world di Elena Vezzadini; Antonio Gramsci e il dibattito intellettuale nel mondo arabo contemporaneodi Patrizia Manduchi, dove si mette in chiaro una contraddizione tutta interna al mondo arabo, contraddizione svelata con l'analisi gramsciana nelle tesi stimolanti e provocatorie del sociologo algerino Jaghlul, che individuava - nel mondo musulmano - l'appartenente alla corrente militante radicale quale intellettuale organico gramsciano, per la funzione che esso svolge nelle società islamiche contemporanee e perché egli è in grado di avvicinarsi al senso comune e la saggezza popolare. L'intellettuale laico e occidentalizzato assume al contrario, all'inizio del ventunesimo secolo, i connotati del tradizionalismo e del conservatorismo, dell'occidentalismo forzato e succube di modelli esogeni.
La terza sessione, "Il pensiero di Antonio Gramsci in Asia", si apre con l'acuto saggio di Andrea Durante Modelli egemonici e ordine nuovo: Gramsci e l'Iran trent'anni dopo la rivoluzione, nel quale il giovane studioso propone il pragmatismo machiavellico dell'ayatollah Khomeini e la sua capacità di fare proprio, rielaborato ed ibridato con il metastoricismo sciita, il concetto gramsciano di prassi, che ha portato, nell'Iran post-rivoluzionario, al consolidamento dell'egemonia del clero, e nel contempo l'uso di Gramsci è in voga anche tra gli intellettuali appartenenti alla diaspora iraniana che hanno trovato nel suo pensiero strumenti per rileggere la drammatica esperienza del proprio paese d'origine. Segue l'intervento di Marianna Scarfone Il pensiero di Gramsci nei Subaltern Studies e il saggio di Cosimo Zene L'autocoscienza dei Dalits-intoccabili come subalterni. Riflessioni su Gramsci nel Sud dell'Asia. Facendo ricorso alla categoria gramsciana di subalterno, Zene ripercorre la loro storia e dimostra come l'influsso di Gramsci per i Dalit (vari gruppi del Sud dell'Asia conosciuti con il nome collettivo di Intoccabili) sia importante e agisca per superare la loro posizione di subalterni, ovvero per passare dalla semplice presa di coscienza della loro oppressione, alla conversione di questa in agente di trasformazione della subalternità, un nuovo camino quindi dal pianto disperato verso l'azione liberatrice.
Nel solco del rapporto tra subalternità ed egemonia muove l'intervento di Annamaria Baldussi Stati " Nazioni " Stati-nazione: nuove egemonie e nuovi colonialismi. Riflessioni su Cina e dintorni. È una lettura in chiave storico-gramsciana sia della natura del rapporto fra centro/egemone e periferia/subalterno, sia in riferimento al processo di globalizzazione economica, politica e culturale che coinvolge i Paesi dell'Asia meridionale, e più specificatamente la Cina. Seguono gli interventi di Francesca Congiu Stato e società a Taiwan in una prospettiva gramsciana: il caso-studio del movimento dei lavoratori, e i contributi di Andrea Pira Gramsci in Cina. La Cina in Gramsci. L'importanza del linguaggio e di Enrico Lobina La penetrazione di Antonio Gramsci in Cina.
Chiude il volume la traduzione del cinese, a cura di Simona Mocci ed Enrico Lobina, dell'articolo Gramsci è un marxista occidentale?, del professore Tian Shigang dell'Accademia cinese delle Scienze sociali di Pechino, il maggior studioso di Gramsci in Cina.