Cronache degli eventi gramsciani

I «FALSI SCOOP» SU GRAMSCI

Di Marco Berlinguer

Revisionismi I «falsi scoop» su Gramsci Articolo di Marco Berlinguer Gramsci conteso. Gramsci contuso. Avrebbe potuto intitolarsi così la giornata di studi organizzata dalla International Gramsci Society italiana, presso la Fondazione Basso. Il titolo era invece Gramsci e Revisionismo storico. L’occasione è stata provocata dall’uscita nel 2012 di una serie di libri e articoli che hanno riacceso il dibattito sul grande pensatore sardo e tra i gramsciologi italiani. La polemica è iniziata con il libro di Franco Lo Piparo (I due carcere di Gramsci, Donzelli), che ha riproposto vecchie e indimostrate accuse a Togliatti. Non avrebbe voluto salvare il compagno dal carcere e inoltre avrebbe distrutto uno dei suoi quaderni del carcere: il “famoso quaderno scomparso”, derubricato a semplice ‘chiacchiera’ priva di fondamento da molti dei maggiori studiosi gramsciani. La disputa si è poi infiammata dopo un pamphlet di Alessandro Orsini (Gramsci e Turati. Le due sinistre, Rubbettino) – recensito da Roberto Saviano su Repubblica – nel quale

Gramsci, ancora oggi l’autore italiano più tradotto e studiato al mondo, viene ridotto a uomo settario e violento, e contrapposto al ‘buon’ Filippo Turati. E infine la tensione ha toccato il suo culmine con le sue insinuazioni di Dario Biocca, pubblicate su Nuova Storia Contemporanea, ma riprese dalla Repubblica, secondo il quale, Gramsci si sarebbe dichiarato “ravveduto”, pur di ottenere la libertà negli ultimi mesi della sua vita. Uno scoop inconsistente e rapidamente smontato. Guido Liguori, autore del fortunato Gramsci conteso (Editori Riuniti), ha osservato come Gramsci abbia sempre avuto molteplici interpretazioni e come ogni epoca abbia il diritto di reinterrogare questo autore. Tra queste interpretazioni, Liguori, comprende anche il “Gramsci postcomunista e postmarxista”: la lettura proposta da Giuseppe Vacca e altri, che sia pure “condizionata dall’ansia di trasformare Gramsci in un autore più facilmente utilizzabile dai postcomunisti odierni” hanno seguito un progetto di ricerca più raffinato, fondato su una lettura – sia pure discutibile – delle note di Gramsci su “Americanismo e Fordismo”. Per offrire un Gramsci reinterpretato dentro un orizzonte interno a un “cosmopolitismo democratico”. Altra cosa è però secondo Liguori, l’abbandono del rigore, una storiografia piegata alla logica dello scoop, un pamphlettismo fatto di decontestualizzazioni, congetture e insinuazioni, che alimenta da tempo una lettura ‘iconoclastica’ e negativa di Gramsci o l’immagine di un Gramsci ‘prigioniero dei comunisti’, anziché del regime fascista. Il tema – ha osservato Pasquale Santomassimo – che ha fatto una lunga e bella relazione sul concetto di revisionismo – più che storiografico, riguarda il rapporto tra senso comune, opinione pubblica e storia. Un rapporto che si è per molti aspetti degradato. La storia come “bene di consumo culturale rissoso”, come “bene di consumo culturale rissoso”, come ha detto Pasquale Voza, gestito dai mass media più che dal rigore scientifico. Aggiustato su un senso comune ‘revisionista’ che affonda le sue radici in epoca craxiana, ma divenuto negli anni 90, con la crisi della prima repubblica e la «rozza ma aggressiva» politica culturale della destra, base di una nuova ricercata «memoria condivisa». Da allora i temi, oltre che estremamente poveri sul piano del rigore, sono stati ripetitivi. Un paese “a crescita zero”, anche da questo punto di vista, secondo la definizione di Santomassimo. Indice del venir meno della capacità del paese di ripensarsi e reimmaginarsi attraverso il rapporto con il passato.

(“Pubblico”, 23/10/2012)