COMUNISTA E NON VIOLENTO
COMUNISTA E NON VIOLENTO
Di Guido Liguori
L’articolo su Sette che registrava il revival del padre del PCI ha avviato un confronto (che il nostro giornale sta ospitando). All’accusa dello storico Orsini (“Era un intollerante”), risponde il presidente della International Gramsci Society Italia in difesa del teorico dell’egemonia. Articolo di Guido Liguori Gramsci è morto nel 1937 e la sua opera registra ancora un successo crescente, dalle università statunitensi al Brasile, all’India, al Giappone: nessun pensatore italiano dopo Machiavelli ha avuto uguale diffusione.
E rivoluzione non vuol dire necessariamente violenza, bensì cambiamento profondo, radicale. Peraltro Gramsci ha rinnovato il concetto di rivoluzione sottolineandone gli aspetti processuali, argomentativi, culturali. Non esitando a contestare contenuti e metodi dello “stalinismo”, proponendo un comunismo originale e diverso. Il diritto del pugno Venendo alle “accuse” fatte a Gramsci, Orsini usa il metodo della citazione staccata dal contesto, senza spiegarne al lettore origine e senso. Un esempio: Gramsci «esprimeva il suo giubilo quando i liberali venivano presi a cazzotti in faccia», scrive Orsini. Si riferisce a un articolo gramsciano del 1916 in cui si legge: «non siamo entusiastici ammiratori del diritto del pugno; eppure quei pugni vibrati robustamente sul ceffo di Bevione ci riempiono di giubilo e di ammirazione». Il giovane giornalista sardo (25 anni) commenta così una rissa alla Camera tra bellicisti e socialisti. Il Bevione in questione era giornalista e deputato, famoso supporter dell’industria bellica fin dalla guerra di Libia (diverrà deputato fascista). Gramsci polemizza dunque con chi si faceva sostenitore della guerra (questa sì violenza vera e bestiale).
Ma – e qui viene fuori il lato comico della tesi di Orsini – vi è un altro fatto: a dare il pugno a Bevione è il deputato socialista Nino Mazzoni, seguace di Turati, il riformista che Orsini contrappone a Gramsci come un angelo al diavolo. Ma questo Orsini non lo dice. O non lo sa. Eccessi giovanili Non vi è spazio per dilungarsi sugli altri esempi fatti da Orsini, tutti egualmente contestabili (come ha dimostrato Giacomo Tarascio su Historia Magistra, in un articolo reperibile on line). Può darsi vi sia qualche eccesso negli scritti del giovane Gramsci. Ma la barra è tenuta costantemente sulla rotta dell’opposizione alla guerra e poi al fascismo, e a un capitalismo corrotto e corruttore. È un autore sempre dalla parte delle masse oppresse, dei “subalterni”. Orsini lamenta persino questo linguaggio, ignorando che le metafore militari erano correnti in politica dopo la Grande guerra. Non avrebbe senso rispondere contrapponendogli gli errori di Turati (dal giudizio sui meridionali all’accodarsi a chi inneggiava alla guerra quando essa era ormai quasi vinta) proprio perché un confronto serio è cosa altra tanto dallo scontro fra tifosi, quanto dai tentativi di demolizione faziosa e propagandistica. Per di più di un autore come Gramsci, che tutto il mondo studia con ammirazione e interesse, anche per il modo creativo e partecipato con cui ha sempre saputo stare dalla parte degli oppressi.
“Sette” – “Corriere della Sera”